Arteterapia: le origini con F. D. Brandeis

In Europa, tra le due guerre, la prima pioniera dell’arteterapia, fu Frield Ducker Brandeis, che specializzandosi nel campo dell’arte tessile e fotografia, impara che l’arte può tessere un legame con la parola, il suono, la forma, il colore, il gesto. Apre un negozio di belle arti e parallelamente inizia a collaborare con il Partito Comunista, dedicandosi all’attività politica clandestina, che la porta ad essere arrestata.

Dal 1934 al 1938, diventa insegnante d’arte per i bambini del ghetto di Praga, dove ha modo di osservare come i suoi piccoli allievi utilizzavano l’arte per far fronte alla discriminazione e al sopruso, vissuto ogni giorno e per elaborare i traumi, i lutti e le violenze che alcuni di loro si trovavano a subire.

Nel 1942, viene deportata nel campo di concentramento per le sue origini ebree e nel campo di transito di Terezin, diventa insegnante d’arte per centinaia di bambini, allontanati dalle loro famiglie e ricoverati presso i dormitori infantili del campo. A Terezin, con i suoi laboratori artistici, ella pone l’obiettivo di riequilibrare il mondo emozionale dei bambini, attraverso le lezioni d’arte e i disegni creati dai bambini. In questo modo sostiene e aiuta i bambini sottoposti a situazioni traumatiche.

Arteterapia: l’evoluzione ad opera di E. Kramer e M. Naumburg

Negli Stati Uniti, a partire negli anni ’50, inizia l’esperienza più importante ai fini della definizione metodologica dell’arteterapia, con la nascita dei due importanti orientamenti di arteterapia, legati ai nomi di Edith Kramer e di Margeret Naumburg. La Naumburg, psichiatra e psicoanalista, elabora uno specifico approccio dell’arteterapia.

Ella parte dal presupposto che i sentimenti inconsci sono più facilmente riconoscibili nelle immagini che nelle parole e stimola la comunicazione simbolica tra paziente e arte terapeuta, facendo riferimento alle immagini prodotte dal paziente sulle quali inevitabilmente vengono proiettate emozioni e vissuti personali. Le stesse immagini vengono analizzate attraverso la cornice teorica freudiana. La Naumburg elabora un metodo di orientamento dinamico, con cui utilizza l’arte come strumento per svelare significati inconsci, che vengono poi descritti e resi comprensibili, grazie l’utilizzo della comunicazione verbale utilizzata nella seduta di psicoterapia.

Diversa è l’impostazione di Edith Kramer: provenendo dal mondo dell’arte, riserva un valore particolare all’espressione artistica.

La Kramer considera la terapia d’arte distinta dalla psicoterapia e sostiene che le sue virtù curative dipendono da quei procedimenti psicologici che si attivano nel lavoro creativo.

Attraverso le sue esperienze, la Kramer si è resa consapevole del grande aiuto dell’arte sia per il disagio psichico che nella sofferenza esistenziale.

E’ a partire dalla sua esperienza di arteterapeuta con bambini ed adolescenti e dai suoi approfonditi studi psicologici che nasce l’elaborazione di una precisa linea metodologica che vede la centralità del processo creativo ed artistico nel percorso terapeutico e che rientra sotto il nome di “Arte come terapia”.

L’arte diventa terapia, il prodotto artistico rimane subordinato al processo e la tecnica terapeutica non cerca tanto di svelare e interpretare il materiale inconscio, ma diventa percorso significativo e simbolico in cui vengono attivate capacità, risorse e processi, diventando un vero e proprio mezzo di sostegno per l’Io, favorendo lo sviluppo del senso d’identità e promuovendo una generale maturazione. La Kramer sottolinea il fatto che l’arteterapeuta debba avere una profonda conoscenza sia dei processi artistici che delle caratteristiche e possibilità dei materiali proposti, condizione indispensabile all’intuizione artistica che deve sostenere la relazione terapeutica.

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